Top

Ci sono i presidenti, ma c’è solo un Boss

I 70 anni di una leggenda. Che ha reso la musica un posto migliore, e che ha arricchito il cinema in modo quasi “silenzioso”. Senza grandi annunci. Con dei pezzi diventati cult. Veri e propri capolavori di poesia. 

 

 

70 anni, come quelli di Bruce Springsteen, si possono spiegare in tanti modi. Uno dei più oggettivi è sicuramente affidarsi ai dati: 

65 milioni di dischi nel suo paese e circa 120 milioni in tutto il mondo.

Riconoscimenti come 20 Grammy e un  1 Tony Award.

Onorificenze come il Kennedy Center Honor, per il suo contributo alla diffusione della cultura degli Stati Uniti nel mondo, e la medaglia presidenziale della libertà, massimo riconoscimento per un civile americano, bastano davvero a spiegare una delle più grandi personalità musicali e non solo musicali del 20° secolo? 

Per raccontare la grandezza del Boss e la sua influenza in un ambito che non sia prettamente quello musicale basta fare una digressione su quanto le sue canzoni siano state utilizzate nel mondo del cinema e quanto il cinema abbia fatto diventare il Boss cantore di alcune pellicole indimenticabili. 

 

Luce e Lacrime

La prima canzone inedita concessa al mondo del cinema dal Boss fu Light of Day per il film omonimo di Paul Schrader del 1987, cantata dalla cantante e chitarrista Joan Lett e dal protagonista del film Michael J. Fox. Il film ripercorre la vita di una cantante tormentata che trova nella musica il suo mantra per sopravvivere a una quotidianità che la soffoca. In piccolo è una rapida rappresentazione del sogno americano che tramonta e della musica come via d’uscita, uno dei grandi insegnamenti imparato prima sulla sua pelle e poi trasmesso ai suoi fan dal Boss. 

La seconda canzone che Bruce dona al cinema è Streets of Philadelphia che fa da colonna sonora a Philadelphia, il film di Jonathan Demme con Tom Hanks e Denzel Washington. Nei primi mesi del 1993, il regista chiede a Springsteen di scrivere una canzone per la colonna sonora del film e, nel giugno dello stesso anno dopo la conclusione dell’”Other Band” Tour”, il cantante comincia a comporre il brano. Le strofe scritte dal cantante originario del New Jersey si rivelano particolarmente azzeccate per il film e per il mood che trasmettono in relazione a quello che è proprio il tema trattato, l’AIDS, come si percepisce ascoltando le prime righe:

I was bruised and battered– Ero ferito e malconcio

And I couldn’t tell what I felt– e non riuscivo a capire cosa sentivo

I was unrecognizable to myself– non riuscivo a riconoscermi

Saw my reflection in a window– vedevo il mio riflesso in una finestra

I didn’t know my own face– non riconoscevo la mia stessa faccia

La gravità del fenomeno dell’HIV non era ancora così conosciuta a livello nazionale e globale e proprio la poesia e le musiche scritte e composte da Springsteen, e la chiarezza con cui descrivono il problema, aumentano la notorietà del film poi diventato cult negli anni. 

L’abbinata canzone e pellicola si rivela vincente anche a livello di premi riscossi come confermerà poco dopo l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’ente che assegna gli Academy Award. Il film infatti si aggiudica 2 premi Oscar, miglior attore protagonista a Tom Hanks e miglior canzone proprio a Bruce Springsteen per Street of Philadelphia.

 

Sean Penn, Jerry McGuire

Il terzo brano è Missing, realizzato ad hoc per il film 3 giorni per la verità di Sean Penn (secondo lungometraggio dell’attore dietro la macchina da preso).

Il testo anche in questo caso si sposa perfettamente con il film e con la tematica che ne caratterizza la trama, quella di un padre a cui è stato tolto tutto e adesso si vuole vendicare con forza dell’assassino di sua figlia.

In questo come in altri casi la canzone di Springsteen non si limita ad accompagnare la visione dello spettatore, ma ne diventa elemento fondante e protagonista rendendo pellicole discrete (come è il caso di Missing) film cult.

Il quarto brano “cinematografico” di Springsteen è Secret Garden. Scritto agli inizi del 1995, venne inserito nella colonna sonora del film Jerry McGuire.

Il film con Tom Cruise e Cuba Gooding Jr. (che per l’interpretazione otterrà un premio Oscar come miglior attore non protagonista) affronta lo spietato mondo della procura sportiva e delle persone che lo abitano, al quale da adepti ben istruiti è difficile poi ribellarsi.

In questo senso è significativo come la canzone del Boss accompagni il cambiamento di del protagonista, Jerry, che riscopre dentro di sé un Secret Garden, un giardino segreto che “Se pagherai il prezzo/Ti farà entrare nel profondo”, un’oasi in cui i rapporti umani vengono prima di qualsiasi contratto e accordo.

 

Dead Man Rocking

Il quinto brano è, neanche a dirlo, un altro capolavoro: quel Dead Man Walking che nel 1996 sfiora di nuovo il premio Oscar come migliore canzone.

La canzone racconta in maniera intima e straziante le vicende di un carcerato condannato al patibolo, interpretato da Sean Penn, che la suora Helen, alias Susan Sarandon, cerca di salvare e di redimere.

“I miei peccati sono tutto quello che ho” canta Bruce, che nel prosieguo della canzone, (come fa il regista Tim Robbins in molte parti del film) contesta in maniera sottile ma pungente il meccanismo della pena di morte. “Il mio destino ha deciso”, anche se quel destino è affidato agli uomini e all’estremità della pena conferita.

Il sesto brano è Lift Me Up, uscito inedito per il film Limbo nel 1999 per John Sayles.

Il film, non indimenticabile per trama e protagonisti, lo diventa almeno dal punto di vista musicale grazie ad un’altra perla del Boss che racconta l’amore tra uomo e donna che porta in alto, che fa sollevare e che diventa un inno a lasciarsi andare ad un sentimento travolgente.

 

Cult

Ben diverso è il caso del settimo brano The Fuse, realizzato per la colonna sonora del cult “La 25° ora”. Il film di Spike Lee non ha bisogno forse di presentazioni, rimasto nella memoria anche grazie all’interpretazione di Edward Norton e del suo voler ritardare, attraverso la metaforica ora in più di cui parla il titolo, l’ingresso in carcere dopo la condanna per detenzione di droga. Il brano scritto da Springsteen segue passo passo il percorso di Norton scandendo i momenti di cui la giornata si compone lentamente “Giù al tribunale stanno ammainando la bandiera/una lunga scura fila di automobili/sta strisciando lentamente attraverso la città” e prosegue con una previsione di come sarà il carcere per il protagonista “Alberi in fiamme con la prima gelata autunnale/ una lunga linea scura di fronte alla Santa Croce/ una luna insanguinata che si leva/ in un cielo di nera cenere”.

Come in questo caso e come in altri, è la potenza immaginaria che regalano le canzoni di Bruce Springsteen a renderle perfette e complementari ad un mezzo di comunicazione immediato e diretto come il cinema.

L’ottavo brano è un regalo per l’amico Mickey Rourke e per il suo The Wrestler. Il film, che racconta la storia dell’ex lottatore Randy “The Ram” Robinson, è accompagnato nel suo momento più commovente e di maggiore disperazione proprio dalla canzone del Boss. Per capire la forza del testo basta leggere quello che disse il regista, Darren Aronofsky: “Cattura realmente lo spirito del film e quello del personaggio meglio di quanto avrebbe potuto fare una camera. Straordinario”. Anche in questo caso il pezzo di Springsteen opera sulla percezione dello spettatore, impatta in modo non quantificabile, proprio come la vita del wrestler nello show biz.

Il nono e ultimo brano realizzato per il cinema è I’ll stand by you always” , per il film Blinded by the light. Piccolo retroscena: il cantautore aveva composto la canzone nel 2001 per il film Harry Potter e la pietra filosofale, ma non fu utilizzata su richiesta di J. K. Rowling, che aveva richiesto nei suoi accordi con la produzione che non venissero utilizzate negli adattamenti dei suoi romanzi delle canzoni originali a scopo commerciale. Un peccato per Harry Potter che abbia dovuto privarsi di un altro grande pezzo del Boss, ma una grande fortuna per il film biografico del giornalista del The Guardian Manzoor, ossessionato nell’adolescenza da Bruce Springsteen.

Il brano non ha la stessa potenza degli altri usati come colonne sonore né la stessa forza, ma aiuta ancora una volta a capire la forza del boss e la sua influenza su un’intera generazione che ha visto in lui un punto di riferimento, tanto da diventarne ossessionata (come il protagonista di Blinded by the light).

In conclusione il cinema ha davvero giovato delle musiche del Boss? Una cosa è certa: in tutti i casi preso in esame è la potenza immaginaria che regalano le canzoni di Bruce Springsteen a renderle perfette e complementari ad un mezzo di comunicazione immediato e diretto come il cinema. I pezzi di Springsteen sublimano la visione dello spettatore e la rendono unica e indimenticabile. Per questo e per tanti altri motivi questo splendido 70enne rimarrà, come ogni grande artista, nella storia per aver con la sua arte influenzato altre arti (e noi cinefili non possiamo far altro che ringraziare).

 

Co-fondatore de Lo Spaccone, scrive di cinema ed altre cose. Vive a Milano, nato a Napoli, con un po' di cuore a Liverpool.