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Antologia del Joker

«Ho dimostrato la mia teoria. Ho provato che non c’è nessuna differenza tra me e gli altri. Basta una brutta giornata per ridurre l’uomo più assennato del pianeta a un pazzo. Ecco tutto ciò che mi separa dal resto del mondo. Solo una brutta giornata!»

 

Storia editoriale

È il 1944 e nelle edicole sta per uscire il numero 64 di detective comics, testata di punta della casa editrice DC, insieme ad Action Comics. Svariati numeri prima, precisamente sul numero 27, aveva fatto la sua prima apparizione un personaggio oscuro, che sarebbe destinato a diventare celebre di lì a poco. Batman, l’uomo pipistrello, il supereroe senza superpoteri. Ma oggi non parleremo di lui, o meglio non solo di lui. Non sarà lui il protagonista del nostro racconto, si limiterà semplicemente ad essere un personaggio secondario. Perché è proprio da quel numero 64, che inizia la nostra storia. È proprio da quel numero che inizia la storia del JOKER. Dipinto sin dai primi numeri come personaggio folle, sadico, senza morale o scrupoli, il joker non ebbe vita facile nelle sue prime apparizioni. L’inizio della sua storia editoriale è molto burrascoso e la sua genesi è rimasta incerta e misteriosa per svariati decenni.

Siamo a cavallo tra i trenta e i cinquanta, in concomitanza con la seconda guerra mondiale, e la golden age del fumetto porta in grembo l’ottimismo di supereroi come Superman o Wonder Woman, presenti sulla testata Action Comics. Esseri dalla forza sovrumana che riescono a sorreggere il mondo sulle spalle come figure mitologiche. La giustizia che trionfa sul malvagio di turno. L’America che sconfigge i nazisti, il bene che trionfa sul male. Non c’è spazio per lo squallore della vita quotidiana dei sobborghi. Non c’è spazio per le persone normali. La gente non vuole leggere storie comuni… la gente vuole leggere delle gesta degli dei.

Questo ottimismo però lascia lentamente spazio ad altro, ed in casa DC si sviluppa una nuova corrente, e la Action Comics sarà ben presto costretta a dividere il suo dominio.

Nel 1937, pochi anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, esce il primo numero di Detective comics. La testata, a differenza della compagna Action Comics, ha toni molto più cupi.

Prende spunto dai romanzi Noir, ed è caratterizzata da toni hard boiled per un pubblico non proprio giovanile. Quell’aspetto mitologico tanto esaltato nella golden age, viene messo da parte per dare spazio al realismo crudo dei sobborghi di città come Gotham City. Questa deriva dark darà vita a svariate opere che diventeranno ben presto i capisaldi del commercio fumettistico.

È nel ‘39 che esce il famoso numero 27 di detective comics, la prima apparizione del crociato incappucciato. Batman irrompe nelle case dei giovani con il suo mantello nero e la sua maschera con le corna, che lo rendono un supereroe atipico. Con i suoi gadget tecnologici da vero detective, racchiusi nella sua cintura gialla, riusciva a rendere umana la figura del supereroe. L’ascesa di antagonisti come il pinguino, l’enigmista, due facce, poison ivy e cappuccio rosso, rendono il personaggio di batman sempre più noto e approfondiscono il rapporto del vigilante con ognuno dei criminali con i quali si interfaccia nelle vicende. Il personaggio del Joker continua a non avere vita facile. La sua genesi viene descritta inizialmente in “L’uomo sotto il cappuccio rosso”, ma non riscuote molto successo. Viene sballottato tra sceneggiatori vari che non riescono a dare giustizia al suo personaggio, e dovrà attendere ancora per il suo momento di gloria.

 

 

Siamo nei primi anni cinquanta e la golden age sta per dare spazio alla silver age. Casa DC affronta un pediodo di crisi, con la Marvel che sta per entrare in un’epoca ricca, lanciando personaggi come L’uomo ragno, Hulk, Thor, i fantastici quattro e Ant-man.

Se la golden age vede come protagonisti i supereroi di punta della action comics, ora la Marvel introduce personaggi che diventeranno la massima rappresentazione del fumetto americano.

La risposta DC non tarda ad arrivare. La Justice League debutta presto per contrastare l’ascesa dei supereroi Marvel.

Il periodo storico non aiuta però, perché in piena guerra, la Marvel sguinzaglia i suoi segugi per cacciare i Nazisti. Come Tarantino in “Bastardi Senza Gloria”, la nascita di Captain America, da vita all’inizio di una propaganda supportata da svariati supereroi. Personaggi come Namor, la torcia umana originale, i fantastici 4, visione e Blazing skull, mettono da parte le loro scaramucce personali per contrastare il nemico comune.

Serve però un salto in avanti notevole. Con l’apertura dei primi Comic book shops, le fumetterie e l’inizio degli anni 70, la silver age fa spazio alla bronze age. I romanzi grafici, più comunemente noti come “graphic novel”, iniziano a riempire gli scaffali dei primissimi negozi. il Direct market, inizia ad espandersi per tutti gli stati uniti.

Con l’inizio del decennio successivo, il fumetto affronta una rinascita, grazie ad autori come Frank Miller e Alan Moore. Saranno proprio loro a dare giustizia al personaggio del joker, con due delle opere più importanti di casa DC.

È il 1986 e “il ritorno del cavaliere oscuro” di Miller fa il suo debutto. L’opera, insieme a “Watchmen” di Alan Moore, sancisce un periodo importante per la storia del fumetto americano. Le storie iniziano ad assumere un aspetto molto meno gigantesco, per dare spazio ad una visione intimista dell’animo umano. Il periodo tra l’86 e l’88 verrà ricordato infatti come tempo di grande rinascita per la casa editrice, e la rinascita avviene anche per il personaggio del Joker, che inizia a delinearsi per bene proprio nell’opera di Miller. La graphic novel racconta del ritorno del crociato incappucciato dopo un periodo di assenza. La città di gotham è sotto l’assedio di svariati supercriminali, tra i quali figura Harvey Dent, due facce. Joker, che nel frattempo è rinchiuso nel manicomio criminale di Gotham City, l’Arkham Asylum, sembra risvegliarsi da uno stato vegetativo dopo aver visto la sua nemesi in tv. Alla vista dell’uomo pipistrello, la sua risata riecheggia nel manicomio e la sua personalità sociopatica riprende il sopravvento. Lo psichiatra che lo tiene in cura decide di portarlo ad un talk show, per mostrare gli effetti della sua guarigione, ma qualcosa va storto. Joker uccide tutti i duecento, tra spettatori e presenti nella sala, con un gas letale. Decide così di scappare per rifugiarsi in un luna park, dove avrà poi uno scontro con Batman. Quest’ultimo, in preda ai sensi di colpa per non aver mai voluto infrangere la regola che si era imposto di non togliere la vita a nessuno, non riesce ad uccidere il joker. Il criminale decide allora di togliersi la vita per fare in modo che la sua nemesi venga incolpata dell’omicidio.

Quest’opera stabilisce quasi definitivamente il carattere psicologico del personaggio.

Ma sarà Alan Moore, con il suo “The Killing Joke” a dare una volta e per tutte una genesi vera e propria al Joker. Dopo Il successo di Watchmen, l’autore affronta la nascita e lo sviluppo del complesso personaggio, descrivendo dettagliatamente la sua vita tramite flashback. Comico fallito, che cerca di sbarcare il lunario grazie ad esibizioni in locali squallidi, decide di rapinare una fabbrica di carte da gioco dopo aver incontrato alcuni malviventi. Inizialmente titubante e pentito della sua scelta, l’uomo decide di andare fino in fondo, in seguito ad un avvenimento traumatico. La moglie, incinta, è in ospedale a causa di un corto circuito avvenuto nella loro abitazione. I medici non riescono a salvarla. La donna, e quello che sarebbe stato il suo futuro figlio, muoiono. Durante la rapina qualcosa va storto. Gli uomini che lo avevano assoldato vengono uccisi da una guardia, mentre lui, nel tentativo di scappare da Batman, che nel frattempo era arrivato sul posto, cade in una vasta piena di acqua di scarico verdastri dell’industria, inquinata dai rifiuti chimici. Ne uscirà con la pelle biancastra, i capelli verdi e le labbra rosse che formano un sorriso.

 

 

L’opera di Moore termina in modo molto simile a quella di Miller. Dal flashback si torna al presente, dove il joker sta torturando Gordon nello stesso Luna Park de il ritorno del cavalier oscuro. Con l’arrivo di Batman, che metterà in salvo Gordon, inizierà lo scontro finale nella Funhouse, con l’uomo pipistrello che cercherà di far cambiare idea al Joker. Quest’ultimo però affermerà che ormai è troppo tardi per tornare indietro, e che si è spinto troppo avanti.

L’opera si conclude con il joker che racconta una barzelletta, per poi ridere insieme al suo antagonista. Passa un solo anno e nell’89’ esce “una morte in famiglia”. La famiglia è quella di Bruce Wayne, o più precisamente di Batman. A morire è uno dei suoi pupilli, il secondo Robin Jason Todd, un ladruncolo di strada ribelle che entrerà a far parte della famiglia dell’uomo pipistrello.

In questa serie, la crudeltà del Joker si ripercuote per la prima volta su una persona vicina alla sua nemesi. Questa crudeltà avrà poi un seguito con la nuova serie editoriale di batman, nel 2013, chiamata “Morte della famiglia”. In questa miniserie, Joker appare letteralmente con una nuova faccia. Egli infatti subisce un intervento molto grossolano di ricucitura della pelle del viso, prendendo anche spunto dal personaggio di Batman di Tim Burton dell’89. Quel viso che poteva sembrare spaventoso nei numeri precedenti, lo è ancora di più con questo tocco horrorifico.

 

JOKER AL CINEMA E IN TV

Se nella controparte cartacea il personaggio ha avuto diverse sfaccettature e rappresentazioni, anche dovute alla totale assenza di una vera e propria identità, nella controparte cinematografica e televisiva questa componente non è da meno. Svariati attori hanno interpretato il personaggio, fornendo un tocco personale in ogni occasione. Ed è forse questo ciò che caratterizza il joker come personaggio fumettistico meglio espresso al cinema. Questa capacità di avere un aspetto e una personalità diversa in ogni opera, rende il tutto molto coerente con la visione fumettistica delle diverse opere e degli svariati universi.

 

 

Cesar Romero

Fu sul piccolo schermo che avvenne il primo debutto live-action del clown criminale. Cesar Romero fu il primo attore ad interpretare il personaggio nella serie televisiva “Batman”, del 1966, con Adam West nel ruolo di Bruce Wayne. La serie oggi considerata cult, rinunciò ai toni cupi e dark tipici del fumetto, per dare spazio ad una visione molto più umoristica e pop (coerente con il periodo, del resto): adatta ad un pubblico giovanile, che in quel periodo passava le ore di fronte alla tv. Il tema musicale della serie, oggi conosciutissimo, era insieme alle scazzottate a tempo di musica, accompagnate da scritte onomatopeiche per riallacciarsi alla componente fumettistica, il cavallo di battaglia della serie. L’importanza di mangiare le verdure, allacciarsi la cintura, fare i compiti e bere il latte era spesso citata dai protagonisti della serie, rendendo evidente l’intento di interfacciarsi ad un pubblico di soli ragazzini.

La serie andò in onda per due anni, e raggiunse la quota di 3 stagioni, per un totale di 120 episodi, che andavano in onda a coppie, ed erano della durata di circa 25 minuti. Il primo episodio, solitamente, terminava con un cliffhanger dove il più delle volte batman è in procinto di rischiare la vita.

Il joker era il principale antagonista della serie e apparse in 19 episodi, unendo le sue forze anche con altri antagonisti principali della serie, come il pinguino e catwoman. Tra gli altri antagonisti ricordiamo i più celebri come l’enigmista, mr. freeze, il cappellaio matto e falsa faccia, una versione più comica di Due Facce, che all’epoca venne ritenuto troppo crudo per un certo tipo di pubblico, interpretata da un giovane Clint Eastwood.

Romero venne truccato con un cerone bianco, per simulare la carnagione biancastra tipica del personaggio, ma decise di non tagliare i suoi celebri baffi, che lo accompagnarono per tutta la sua carriera e che sono ben visibili sotto il trucco. Il suo abito inoltre, non era del classico colore viola del personaggio, bensì fucsia. Interpretò il personaggio anche nel primo film su batman, girato a cavallo tra la prima e la seconda stagione della serie.

 

 

 

 

Jack Nicholson

Sarà necessario aspettare più di vent’anni per rivedere il personaggio al cinema. È il 1989 e Tim Burton viene scelto come regista per la nuova trasposizione cinematografica del cavaliere oscuro. L’antagonista del film è proprio il Joker, ed è dal 1980, quasi dieci anni prima, che il produttore Michael Uslan e Bob Kane pensano a Jack Nicholson come interprete.

Il film di burton rispecchia sin dai primi frame l’estetica del gangster movie noir Anni 50. Una fotografia piena di contrasti, tagli di luce sul viso, nuvole di fumo che spuntano quasi in tutte le inquadrature e dutch angle sparpagliati. Il film, oltre a richiamare le primissime ambientazioni di detective comics, prende ispirazione da altre opere, come “Dick Tracy”. Le musiche vengono affidate a Prince. E l’aspetto grottescamente gotico, firma inconfondibile del regista, sembra naturalmente legato a quell’immaginario.

Per adattare il personaggio all’epoca e all’ambientazione, Burton decise di modificare leggermente il background del Joker, prendendo spunto da The Killing Joke, uscito un anno prima. L’identikit però non corrisponde proprio a quello della serie a fumetti. Non si tratta più di un comico fallito, bensì di un criminale incallito di nome Jack Napier. Viene quindi esclusa l’assenza di identità, ma la genesi del personaggio rimane la stessa del fumetto. Il personaggio interpretato da Nicholson, cade in una pozza di acido e rifiuti chimici, durante un blitz in una fabbrica, organizzato dal suo boss in combutta con un agente corrotto della polizia di gotham. I due vogliono togliere Napier di torno, ma batman interviene e le cose prendono una piega diversa. L’agente Eckhardt, il detective corrotto, viene ucciso a colpi di pistola da Napier, prima che quest’ultimo cada nella pozza inquinata.

Creduto morto, Napier esce dalla pozza letteralmente sciolto e sbiancato e, dopo essere stato sottoposto ai grossolani interventi chirurgici da parte di un discutibile dottore, rinasce come Joker.

La sua versione del joker rimane comunque abbastanza fedele alla controparte fumettistica. Prima di assumere le sembianze del clown con il perenne sorriso, Napier ha già una mente contorta e complessa, che gli causerà spesso continui sbalzi d’umore. Questi sbalzi d’umore saranno poi amplificati dal suo trauma nel bagno della vasca chimica. Egli è inoltre molto portato per la chimica e per le arti in generale, a differenza delle altre trasposizioni che non citano mai tali capacità.

In questa versione del Joker, inoltre, c’è una componente diversa dalle altre. Questa è la prima volta in cui Batman è intento a vendicarsi per la morte di qualcuno a lui caro, i suoi genitori. È infatti proprio Napier insieme ad uno scagnozzo ad ucciderli fuori da quel famoso teatro. La scena del furto della collana della signora Wayne, madre di Bruce, è ormai celebre. Napier inoltre, tenterà anche di corteggiare la fiamma del signor wayne, la fotoreporter Viki Vale (Interpretata da Kim Basinger), senza però minimamente riuscirci – altro aspetto (di un Joker sornione), innovativo. Il joker di Nicholson rispecchiava nella psiche quello dell’immaginario classico del personaggio, e si adattava all’idea di cinecomic dell’epoca. Le trasposizioni erano fedeli ai fumetti, con la totale assenza di realismo, cosa che contraddistinse questo genere cinematografico per gli anni a seguire.

Il personaggio di Jack Napier riapparirà in Batman Forever di Joel Schumacher, con Val Kilmer nel ruolo dell’uomo pipistrello. In questa trasposizione è interpretato da David Hodges, ma compare solo in un flashback di Bruce Wayne, prima della trasformazione nel clown.

 

 

 

 

I Joker del 2000

Siamo nei primi anni duemila, e Mark Hamill, il Luke Skywalker di Star Wars, presta la voce al personaggio nel cartone animato dedicato a Batman, ma nonostante ciò l’interpretazione di Nicholson rimane ancora la prima e unica vera interpretazione del personaggio, apprezzata ancora tantissimo.

E rimarrà tale per altri venti anni, fino all’uscita del remake di batman targato Christopher Nolan.

Sarà proprio Nolan, con Heath Ledger nei panni del Joker, a rimodellare il personaggio con la sua Trilogia sul cavaliere oscuro, portando la celebrità del personaggio a livelli mai visti prima.

Questa trasposizione del cavaliere oscuro è in assoluto quella che prende più spunto da tutte le opere fumettistiche. La componente investigativa di detective comics, il fascino oscuro dell’opera di Miller e i continui richiami a serie come “Arkham Asylum”, rendono la trilogia un mix quasi perfetto dei vari universi fumettistici visti in precedenza. Non manca però il tentativo di Nolan di rendere il tutto più realistico e crudo nella sua essenza. Ed è proprio grazie a personaggi come il Joker di Ledger che Nolan riesce a dare questa chiave di lettura alla sua trasposizione.

Il personaggio è infatti l’esatto opposto del Joker di Nicholson. Lo stesso Nicholson criticò l’interpretazione e la produzione stessa, per non averlo chiamato come consulente. A differenza del precedente, il Joker di Ledger non ha alcuna identità, e non viene mostrato come sia effettivamente diventato il personaggio che è, se non per le cicatrici che ha in viso. Egli infatti, oltre al trucco bianco sporco e agli unti capelli verdi, sfoggia il classico sorriso rosso, stavolta decorato con delle cicatrici che gli danno, appunto, un sorriso permanente. Questo aspetto viene usato dal personaggio per spaventare i suoi nemici, quasi come se fossero vecchie ferite di guerra.

Tuttavia egli confonde lo spettatore raccontando ogni volta che ce n’è l’occasione, una storia diversa sulla genesi delle sue cicatrici. Che sia stato il padre violento a fargliele quando lui era un piccolo bambino, o che sia stato lui stesso ad autoinfliggersi questa pena per alleviare i dolori della moglie sfigurata in viso, non è ben chiaro, e il fatto che egli tenti di confondere le persone che lo circondano, rende il suo personaggio ancora più misterioso e sconosciuto.

Questa componente di mistero è sempre stata accostata al personaggio, e grazie alle trasposizioni cinematografiche, è stato possibile accostare al joker lo status di simbolo e ideologia, più che di personaggio collegato ad una persona fisica. L’ideologia sadica e anarchica di dimostrare che qualsiasi persona dai saldi principi morali e di giustizia assoluta possa crollare se toccata nei punti giusti, è il principale intento del Joker di questa trasposizione. Prendendo ispirazione da the killing joke, nel film di Nolan questa degradazione morale avviene su Harvey Dent, procuratore di Gotham city (interpretato da Aaron Eckhart), che da paladino della giustizia si trasforma in due facce, assassino a sangue freddo che affida il caso ad una monetina, dopo che il joker ha ucciso la sua futura moglie e un incidente gli ha sfigurato mezza faccia. Joker è quindi rappresentato come il caos in persona.

Ledger si immerse totalmente nel mondo del suo personaggio, passando giorni a leggere fumetti come the killing joke e arkham asylum, e a osservare lo studio di personaggi come Alex DeLarge di Arancia Meccanica e il comportamento di alcune celebrità famose per il loro atteggiamento anarchico, come Sid Vicious. Al punto che alcune indiscrezioni legano la morte prematura, ad alcuni farmaci presi per calarsi al meglio nel ruolo, seguendo il famoso metodo Stanislavskij.

La sua interpretazione gli fece vincere un oscar postumo, nel 2009, come migliore attore non protagonista, e rese il personaggio celebre in tutto il mondo. Spingendo anche i digiuni di fumetti, a conoscere perfettamente quel ruolo e quel simbolo così cupo e tragico.

Come la parentesi di Batman Forever, ce ne sono state altre dopo la trilogia di Nolan. Un esempio è quella di Suicide Squad, che vede Jared Leto ad interpretare il clown criminale, come personaggio secondario della pellicola. La sua interpretazione non ha riscosso molto successo, come d’altronde il film stesso, generalmente definito un pessimo prodotto.

Il joker di Leto risulta essere, secondo la critica, il peggiore mai comparso sul grande schermo. Sulla scia del Joker di Nicholson, viene dipinto come gangster sadico e manipolatore, ma il contesto storico contemporaneo, non rende giustizia come quello del film di Burton. Mentre in quello precedente questa scelta è giustificata, grazie soprattutto all’ambientazione e la fotografia anni cinquanta da noir poliziesco, amalgamato con una visione gotica tipica del filone di Tim Burton, in questa nuova trasposizione il tutto sembra più forzato. Il joker tatuato e con i denti di ferro sembra quasi uno sfarzoso boss camorrista o il capo di una banda di zingari criminali (stonando però con il resto dell’estetica, molto improntata su exploitation movie). È inoltre il primo joker a non avere un sorriso forzato, ma si limita a sorridere con la mano che ritrae il tatuaggio di un sorriso, ponendola davanti la bocca.

Cameron Monaghan, già visto in Shameless, è stato il secondo, dopo Romero, ad interpretare il personaggio in una serie televisiva, Gotham, scritta da Bruno Heller. Il suo personaggio, tuttavia, per problemi di diritti, non fu chiamato Joker, bensì Jerome Valeska. Anche la sua genesi risulta essere originale. Nato da una prostituta e un indovino cieco appartenenti alla stessa compagnia circense, dimostra sin da piccolo di essere sadico e teatrale. Il suo sviluppo è infatti molto simile a quello del Joker dei fumetti. Rinchiuso ad Arkham da giovane, riesce ad evadere e a diventare capo di un gruppo che si fa chiamare “Maniax”. Viene ucciso dalla stessa persona che lo aveva fatto evadere, che tenterà di prendere la sua identità strappandogli la faccia e indossandola. Jerome però resuscita grazie al suo gruppo di maniaci e riprende la sua identità, ricucendosi la faccia, esattamente come in Morte della Famiglia. Nonostante ciò morirà poi tentando di uccidere la popolazione di gotham con il suo famoso gas esilarante, citando svariate opere precedenti. Lo sviluppo del suo personaggio è parallelo a quello della sua nemesi, Batman, che nella serie si trasforma da ragazzino innocente, in temuto vigilante.